Un saluto a Padre Carmine dai suoi concittadini     

 

http://www.salutidaforino.it/sdForino_0140.htm

Questa pagina è composta da notizie tratte dai quotidiani "Il Mattino" e "Corriere", dal bollettino parrocchiale "La Campana" di Forino, e da varie notizie tratte da internet, tra cui quelle del Padre Giuseppe Chianese, tratte dal sito "www.gesuiti.it".

 

Siamo abituati a pensare, in questo mondo fondato sul materialismo e sull'egoismo, che il sentimento della bontà non alberghi nelle persone, e che se anche esistesse esso risieda lontano mille miglia da noi.

Poi, quando veniamo invece a conoscenza di vite dedicate al prossimo, persone del passato che attraversano i decenni e giungono a darci il loro esempio sino ai nostri giorni, ne rimaniamo stupiti. Soprattutto se esse poi sono le vite di nostri concittadini.

    In verità, il bene verso il prossimo si può anche realizzare più semplicemente nella vita quotidiana, nell'uscire dall'uscio di casa, perchè dietro di esso vi sono sempre storie difficili che fingiamo a volte di non vedere, richiami di aiuto che fingiamo di non sentire.

    Comunque, la storia "accennata" in questa pagina riguarda Padre Carmine Iannaccone, missionario gesuita nello Sri Lanka, recentemente scomparso.

I primi anni

 Egli nacque a Forino il 7 aprile 1915.

La sua fu sicuramente un'infanzia triste e tormentata. Il Padre Giacinto, gestore del servizio di vettura tra Forino e la stazione di Montoro, venne barbaramente assassinato, a scopo di furto, assieme a "Centiello" Carbone la notte del 28 maggio 1926 nel luogo dove ora sorge la "Croce di San Marco", là dove si congiungono le vie Astolella, Forino e Campi.

Questa tragedia segnò la vita del piccolo Carmine, il quale fu avviato agli studi, anche grazie all'interessamento del reverendo Antonio Girolamo Tornatore, presso il noviziato napoletano della Compagnia di Gesù il 24 settembre 1930.  Dopo qualche anno di permanenza nella città partenopea, nel 1934 lo troviamo nell'isola inglese di Jersey, nell'arcipelago delle Channel Islands, nel Canale della Manica. In questo periodo compie i suoi studi filosofici, come Chierico della Compagnia di Gesù, presso lo scolasticato gesuita francese ivi dislocato.

A Ceylon per il Magistero

Terminati gli studi, ecco nel 1937 la decisione che gli segnerà l'intera esistenza. Infatti questo è l'anno in cui parte in missione volontaria a vita verso l'isola di Ceylon, nell'Oceano Indiano, allora colonia inglese, ora conosciuto come Sri Lanka. Un ragazzo di 23 anni, provato dalla vita ma con una grande determinazione. La partenza avvenne dopo una solenne messa d'addio celebratasi nella Chiesa del Gesù Nuovo, il 17 dicembre del 1937. Dopo aver trascorso il Natale nella colonia italiana di Massaua, in Eritrea, giunse il 2 gennaio del 1938 nel porto di Colombo, capitale dell'allora Ceylon. Dopo qualche giorno di permanenza nel collegio di Galle, cuore della missione dei gesuiti napoletani, fu trasferito al "St.Aloysius College" di Ratnapura per il suo magistero.

   I tre anni di "magistero" a Ratnapura e a Galle lo introdussero in un nuovo mondo: intenso studio dell'inglese, ingoiando sorrisi o risate ai suoi sbagli da parte dei convittori che seguiva, dalla mattina alla sera, sui campi di gioco, nello studio, in cappella, al refettorio, al dormitorio. Appena appreso abbastanza dell'idioma inglese, ci furono ore nella aule scolastiche, insegnando latino e catechismo.

Poi ci fu la guerra: anni senza lettere dall'Italia, umiliazioni continue dalla stampa inglese contro la nostra patria, obbligato come nemico agli arresti domiciliari e a presentarsi ogni giorno alla polizia che controllava tutti i suoi movimenti. In quel tempo in cui tutta l'istruzione era data in inglese, Padre Carmine sentì presto il bisogno di accostarsi di più al popolo e cominciò privatamente lo studio e la pratica della lingua singalese, frequentando i bambini delle classi elementari per imparare bene la pronunzia; in riguardo a questo, in una intervista rilasciata al quotidiano emiliano "Il Piccolo" nel 1998, parlò delle difficoltà affrontate in quel nuovo mondo, prime tra tutte appunto l'imparare la nuova lingua.

    Dopo tre anni di duro magistero, sarebbe dovuto partire per Kurseong, nel Nord India, ai piedi dell'Himalaya, per il corso di teologia, nel Teologato comune a tutte le missioni gesuitiche in India, ma lo stato di guerra non gli permise di lasciare l'isola. Studiò quindi la teologia a Kandy, nel Seminario Pontificio diretto dai gesuiti, dove si formava il clero locale e dove egli per qualche tempo aveva insegnato latino e greco. Fu ordinato sacerdote nella cattedrale di Galle, nella funzione amministrata venerando Vescovo Mons. Nicola Laudadio, il 21 novembre 1943. Dopo un brillante esame di Licenza in teologia, essendo ormai finita la guerra Padre Carmine potè fare l'anno di "terza probazione" in India.

Inizio del lavoro missionario

Ormai trentenne e dopo quindici anni di preparazione, egli iniziò un lavoro infaticabile nelle varie "stazioni missionarie" (Kegalle, Balàngoda, Yatiyantota) accanto a veterani gesuiti belgi e a zelanti sacerdoti diocesani.

   Pur continuando lo studio del singalese, Padre Carmine si sentì coinvolto nella tragica situazione delle masse di lavoratori tamulici, introdotti dal sud India nell'isola dai colonizzatori inglesi e sparsi nelle piantagioni di tè e di caucciù. Egli imparò così anche il tamil, lingua oltremodo difficile, per portare un po' di aiuto anche a loro: frequenti visite a domicilio, su e giù per le estese piantagioni di tè o nei villaggi singalesi nelle sconfinate piantagioni di gomma, attento alle sanguisughe e alle zanzare. Carmine, col cuore e gli occhi aperti ai bisogni disperati di parecchi di loro, assieme all'aiuto spirituale cercava sempre e improvvisava nuovi aiuti di emergenza.

   Nel 1952 fu nominato parroco di Yatiyantota, un enorme territorio della Provincia di Sabaragamuwa. Come "manager" di scuole, Padre Carmine si accorse subito delle difficoltà insuperabili che maestri ed alunni dovevano affrontare per raggiungere l'unica scuola "inglese" del Distretto, il "St.Gabriel's College", specialmente durante la stagione dei monsoni e delle frequenti inondazioni. Acquistò un pezzo di terreno di fronte alla chiesa, sulla riva del fiume Kelani, e vi costruì piccoli appartamenti per i maestri; per il trasporto degli alunni comprò un pullman e un furgone. St.Gabriel's era una scuola mista: Carmine persuase le Suore del Buon Pastore ad aprire una loro casa e a prendersi cura delle ragazze.

   Gurugalla, a 14 miglia dal centro, un villaggio cattolico sperduto in una marea di centri buddisti, era in misere condizioni economiche: pezzetti di terra coltivati alla meglio, pochi alberi di banana, cocco e papaia, erano la loro unica ricchezza. Padre Carmine maturò un'idea: perché non utilizzare i gusci del cocco, ricchi di abbondante fibra? Nacque così la Scuola Industriale, dove la fibra del cocco era trasformata in funi, molto richieste nelle piantagioni. L'iniziativa ebbe un grande successo tanto che lo scolastico americano Brou suggerì che ormai un po' di pubblicità ci voleva: "Le funi di Gurugalla avvolgono il mondo! Comprate le funi di Gurugalla!". Questo era Padre Carmine Iannaccone: il fuoco dello zelo sprigionato dal suo cuore accendeva altri cuori!

Superiore della Missione di Galle

Il 12 ottobre 1955 fu nominato Superiore di tutta la Missione di Galle. Si lanciò allora con entusiasmo nel lavoro della promozione delle vocazioni fra i ragazzi indigeni, sviluppando la Casa Loyola a Galle, nella quale inviare ragazzi e giovani per studiare e prepararsi ad entrare nel Noviziato della Compagnia di Gesù. Trasformò pure la vecchia "Villa Glen Helen", ribattezzata "Villa Fatima", in una bella Casa di Esercizi Spirituali. Nel frattempo era spesso al fianco dei "suoi uomini", che si battevano nelle parrocchie e stazioni missionarie e nelle scuole, a Kegalle, Ratnapura, Yatiyantota, Balangoda, Elpitiya, Galle.

Ritorno a Forino

Il 22 giugno del 1956 è di ritorno a Forino, come ci viene narrato in un articolo pubblicato su "La Campana", sempre a cura di Padre Tornatore: "Un avvenimento veramente tenero e commovente - Nelle prime ore di domenica 22 u.s. si diffondeva per Forino la notizia che nella sera precedente a tarda ora, era giunto dalle Indie il Missionario Gesuita P. Iannaccone ed era ospite di S.E. il Comm. Iacuzio. Noi che lo amammo come un figliuolo; questo ragazzo dopo la tremenda sventura che lo colpiva in quella notte tragica del 28 maggio 1926, noi che lo ammettemmo alla nostra scuola e vista la sua vocazione religiosa lo avviammo alla compagnia di Gesù sapendolo ritornato tra noi, Sacerdote e Superiore della Missione del Ceylon, ne sentimmo un’intima commozione e quando poco dopo si gettò nelle nostre braccia piangemmo… Più tardi nella nostra Chiesa (San Biagio) gremitissima. Egli saliva l’altare per celebrare la S. Messa e al Vangelo ringraziò tutti, ma ringraziò commosso, il suo vecchio parroco che gli aveva ispirata e conservata la vocazione allo stato religioso e parlò magistralmente delle vocazioni che oggi mancano perché la Famiglia non educa cristianamente i figliuoli. A messa finita molti cittadini vennero in sagrestia ad ossequiarlo ed a ricordare i giorni della sua fanciullezza da chierichetto nella nostra Chiesa, di scolaro e di alunno della Scuola Catechistica. Il giorno seguente partì pel Congresso Eucaristico di Lecce e tornerà di nuovo”.

La ri-organizzazione delle Missioni in Sri Lanka

Da allora e più di prima, la sua missione fu instancabile. Era un grande sognatore apostolico, Padre Carmine, in autentico stile ignaziano. Aveva un sogno, un'idea: ci rifletteva, pregava, e poi avanti con attivismo febbrile verso la realizzazione, coinvolgendo compagni, amici e benefattori.

   Così sorse la bella sezione della casa di esercizi a Lewella: una targa in bronzo sulla porta di ogni camera è il ricordo commovente dello zelo acceso da Padre Carmine in tanti cuori.

   Fu lui, lungimirante, che cominciò la costruzione della Residenza di Colombo, che poi è diventata la sede del Provinciale dell'attuale Provincia Gesuitica dello Sri Lanka. Padre Carmine aveva una maniera tutta propria di sollecitare e ottenere il denaro per le sue opere e di amministrarlo, maniera che non tutti capivano e molti scherzosamente chiamavano "non ortodossa". Quando si discuteva di tali cose, Padre Carmine sembrava operare su una lunghezza d'onda tutta sua: quello che contava era realizzare il sogno! Con le mutate condizioni sociali dopo l'indipendenza dalla Gran Bretagna del Ceylon, divenuto Sri Lanka, e con il buon numero di vocazioni locali, si pensò di fondere le due Missioni, quella di Galle, nel centro-sud dell'isola, retta dai gesuiti della Provincia di Napoli, e quella di Trincomalee-Batticaloa, nell'est dell'isola, retta dai gesuiti americani della Provincia di New Orleans, in un'unica unità amministrativa, la Vice-Provincia dello Sri Lanka, diventata poi vera Provincia. All'atto della fusione, Padre Carmine aveva già pronti i piani per la costruzione del Noviziato in località Lewella presso Kandy, al centro dell'isola. Nella Curia Generalizia si pensava di nominare Vice-Provinciale il Padre Carmine, il quale però declinò l'incarico in favore di un gesuita locale per favorire l'indipendenza anche religiosa dello Sri Lanka.

Attività nelle parrocchie srilankesi

Libero ormai dagli impegni del governo della missione, Padre Carmine si tuffò di nuovo in un vortice di attività pastorali, successivamente nelle parrocchie di Elpitiya, Kahawatta, Lewella, Deniyaya, Nawalapitiya, Cholalande. Mentre lavorava ad Elpitiya, col pesante lavoro apostolico in parrocchia, nella scuola e nelle piantagioni, Padre Carmine si impegnò a fondo nella formazione delle Suore dei Santi Angeli, una Congregazione religiosa esclusivamente indigena, fondata dal Vescovo gesuita di Galle Mons. Joseph Van Reeth. Non soltanto direzione spirituale, istruzioni, colloqui, ect, ma un impegno a fondo per trasformare tutta la Congregazione in un potente movimento missionario, tanto che i suoi confratelli lo chiamavano, scherzando, "il Cardinale protettore dei Santi Angeli". Padre Carmine sorrideva e andava avanti col suo lavoro. A Nawalapitiya, col valido aiuto dei suoi confratelli gesuiti srilankesi, operò un grande rinnovamento sia in città che nelle piantagioni. Una bella statua di marmo della Madonna, giunta dall'Italia come dono del Padre Mario Francesconi, è un caro ricordo di quei giorni.

La guerra civile

Ma le grandi difficoltà della gioventù furono di gran lunga superate da quelle che si trovò ad affrontare a partire dal 1983. Nell'isola, una guerra civile, combattuta tra le etnie Singalesi e Tamil, portò lutti e distruzione tra la popolazione. La sua missione fu punto di salvezza per tante persone che fuggivano per timore di essere uccise e ciò fu fatto con grande pericolo per lui e per i suoi confratelli. Placatisi gli animi, cessate le vendette, rimasero le conseguenze della guerra: fame e mancanza di abitazioni. Ma la Provvidenza fece si che scattasse una gara di solidarietà, in Italia, e Padre Carmine ricevette molti finanziamenti. Molti sono i villaggi da lui fondati, ma in lui coltivava un sogno "utopistico": la convivenza, in un solo villaggio, di varie etnie: un villaggio multirazziale e multireligioso. Il suo sogno diventò presto realtà. Dapprima acquistò un terreno dalle autorità locali, incontrando particolarmente la resistenza dei cattolici indignati perchè  i musulmani avevano loro tolto una scuola. Ma tale resistenza fu vinta il giorno di Pasqua. In quel giorno, nella sua chiesa piena di fedeli, pronunciò una forte omelia: espose la sua intenzione di costruire il villaggio della concordia formato da 40 casette di cui 10 per i musulmani, 10 per i cattolici, 10 per i buddisti, 10 per gli induisti delle due etnie Tamil e Singalesi. Invitò i suoi fedeli ad essere coerenti con il vangelo nel quale sta scritto "Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia...". Le sue parole furono "Io andrò avanti con voi o senza di voi e saranno i nostri nemici i primi ad avere le case!"

La "Boys' Town"

La sua formidabile determinazione lo portò a fondare successivamente, nel 1992, a Cholankanda un nuovo villaggio, la Boys Town, dove oltre 150 ragazzi hanno i mezzi per imparare un mestiere. In queste parole che riportiamo di seguito, troviamo tutta la sua determinazione, costanza e fede: "La fede smuove le montagne. Il segreto sta nell'affidare le nostre opere al Signore ed abbandonarci alla sua volontà: se è opera sua, Lui provvederà. Se è opera nostra o del nostro ego, si autodistruggerà."

 

San Giuseppe Moscati

Non sono solo questi i villaggi missionari da lui fondati nello Sri Lanka. Ricorderò solamente il Villaggio Mercogliano (Mercoglianopitiya), nato grazie alle donazioni dei fedeli della cittadina alle falde del Partenio. In una delle sue brevi visite in patria, Padre Carmine si infiammò di devozione per il nuovo santo Giuseppe Moscati, il santo medico di Napoli. Ritornò in Sri Lanka con una bella reliquia e costruì in suo onore una graziosa cappella a Cholakande.

   Con la realizzazione del suo sogno, Padre Carmine ormai ottantenne cominciò il lungo, amaro processo di distacco da tutto ciò che gli aveva dato forza, gioia, entusiasmo, fin quando all'inizio dell'anno 2001 le sue condizioni fisiche lo costrinsero a trovare rifugio, lontano dalla sua Cholakande, nella Casa di Riposo di Galle, vicino alla Residenza dei Gesuiti, amorevolmente curato dalle ottime Suore di Carità. Una vita dedicata completamente al servizio del prossimo, del prossimo più debole. La sua fibra forte ha resistito finchè ha potuto, sino all' 11 luglio del 2002, quando, nella città di Galle, serenamente è spirato. E li ora le sue spoglie riposano, lontano dal suo paese natio, ma vicino alla gente che lui ha tanto amato e che a lui deve veramente tanto.